Novità telecomunicazioni: in sede di ricorso per decreto ingiuntivo sussiste l’obbligo del preventivo tentativo di conciliazione?

La Corte di Cassazione in Roma: la sentenza 8240 del 28 aprile 2020 chiarisce i dubbi sulla obbligatorietà del tentativo di conciliazione per ottenere un decreto ingiuntivo in favore di una compagnia telefonica

La risposta al quesito è stata fornita dalla Corte di Cassazione, Sezione Unite, con la sentenza n. 8240 del 28 aprile 2020 secondo cui ai fini dell’esercizio di una azione monitoria il tentativo di conciliazione non costituisce condizione di procedibilità.
La vicenda ha tratto origine dalla richiesta di un decreto ingiuntivo da parte di una società di telecomunicazioni nei confronti di un utente, in relazione al corrispettivo per dei servizi erogati.
Ottenuto il decreto, successivamente, quest’ultimo è stato revocato con la sentenza n. 181/2013 del Tribunale di Roma, confermata anche in grado di appello, per via del mancato espletamento del tentativo obbligatorio di conciliazione prima del deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma la società telefonica ha proposto ricorso.
Tuttavia, per via dell’insorgere di questioni di massima di particolare importanza, con ordinanza interlocutoria la causa è stata rimessa alle Sezioni Unite chiamate a dare risposta al seguente quesito:
– se, nella materia delle telecomunicazioni, il tentativo di conciliazione sia o meno obbligatorio anche con riferimento al procedimento monitorio.
Per rispondere al quesito sottopostole, la Suprema Corte ha considerato dapprima la normativa applicabile.

In materia di risoluzione alternativa delle controversie, la disciplina generale è dettata dal d. lgs. n. 28/2010 il cui art. 5, ai commi 1 e 1 bis, ha previsto, nelle materie indicate, il preventivo tentativo di mediazione come condizione di procedibilità per la proposizione delle domande giudiziali ad eccezione, secondo quanto disposto al comma 4, di una serie di procedimenti, tra i quali i procedimenti per ingiunzione.
Pertanto, il legislatore, pur favorendo nella generalità dei procedimenti il ricorso alla mediazione, ha escluso l’obbligatorietà del suo preventivo esperimento per poter richiedere un decreto ingiuntivo.
Tuttavia, la disciplina generale sulla mediazione non è direttamente applicabile al caso in esame in quanto l’art. 23 del d. lgs 28/2010 ha fatto salvi i procedimenti di mediazione e conciliazione obbligatori già esistenti.

Minor tutela del consumatore per effetto della recente sentenza della Cassazione?

Infatti, in materia di telecomunicazioni, settore che gode di una autonoma regolamentazione, una modalità di risoluzione alternativa delle controversie, denominata tentativo di conciliazione obbligatorio, era stata già introdotta con L. 249/1997.

In particolare all’art. 1, c. 11, L. 249/1997 ha previsto che “L’Autorità disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze, oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro. Per le predette controversie, individuate con provvedimenti dell’Autorità, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell’istanza all’Autorità. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione”.
In ragione della sopracitata delega legislativa, L’AGCOM ha adottato vari regolamenti per la risoluzione delle controversie; al caso in esame è applicabile ratione temporis il n. 173/07/CONS (sostitutivo di quello previsto dalla delibera n. 182/02/CONS e superato dal successivo introdotto con delibera n. 203/2018) col quale ha stabilito:
– alll’art. 2, comma 1, che: “Ai sensi dell’art. 1, commi 11 e 12, della legge, sono rimesse alla competenza dell’Autorità le controversie in materia di comunicazioni elettroniche tra utenti finali ed operatori, inerenti al mancato rispetto delle disposizioni relative al servizio universale ed ai diritti degli utenti finali stabilite dalle norme legislative, dalle delibere dell’Autorità, dalle condizioni contrattuali e dalle carte dei servizi”;
– all’art. 2, comma 2, che: “Sono escluse dall’applicazione del presente Regolamento le controversie attinenti esclusivamente al recupero di crediti relativi alle prestazioni effettuate, qualora l’inadempimento non sia dipeso da contestazioni relative alle prestazioni medesime. In ogni caso, l’utente finale non è tenuto ad esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dall’art. 3, per formulare eccezioni, proporre domande riconvenzionali ovvero opposizione a norma degli artt. 645 c.p.c. e segg.”;
– nell’art. 3, comma 1, che “Per le controversie di cui all’art. 2, comma 1, il ricorso in sede giurisdizionale è improcedibile fino a che non sia stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Co.re.com competente per territorio munito di delega a svolgere la funzione conciliativa, ovvero dinanzi agli organismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie di cui all’art. 13″.
Ebbene, secondo la Suprema Corte dal dato testuale della normativa applicabile emerge, pur in modo poco chiaro ed univoco, l’esclusione della obbligatorietà del previo tentativo di conciliazione per la proposizione di un ricorso per decreto ingiuntivo; invero, la legge istitutiva ha previsto l’obbligatorietà ai fini della proposizione di un ricorso giurisdizionale e per poter agire in giudizio riferendosi, perciò, ad atti introduttivi di un giudizio ordinario a contradditorio immediato il quale, invece, nel procedimento monitorio è posticipato o assente.
A conferma della sua tesi la Suprema Corte ha richiamato la giurisprudenza della Corte Costituzionale che, fin dalla sentenza n. 276/2000, ha individuato nell’assenza del contradditorio tra le parti l’elemento di incompatibilità tra il procedimento di conciliazione e quello monitorio ed ha rilevato, per l’appunto, che “la logica che impone alle parti di “incontrarsi” in una sede stragiudiziale, prima di adire il giudice, è strutturalmente collegata ad un (futuro) processo predestinato a svolgersi fin dall’inizio in contraddittorio tra le parti. All’istituto sono quindi per definizione estranei i casi in cui invece il processori debba svolgere in una prima fase necessariamente senza contradditorio, come accade per il procedimento per decreto ingiuntivo.”
Perciò, anche sulla base degli insegnamenti del Giudice delle Leggi, le Sezioni Unite hanno confermato la precedente soluzione adottata in teme di telecomunicazioni con la sentenza Cass. n. 25611/2016 che ravvisa l’incompatibilità del procedimento conciliativo con la struttura e la finalità del procedimento monitorio.
Difatti, secondo la Suprema Corte, l’incompatibilità strutturale dei procedimenti in esame trova ragione nel fatto che l’esigenza di una giustizia celere ed efficace è ottenuta attraverso il procedimento monitorio mediante l’adozione di un provvedimento inaudita altera parte in favore del creditore munito di prova scritta, mentre in quello conciliatorio la funzione deflattiva e di prevenzione della controversia è ottenuta attraverso il dialogo anticipato tra le parti.
Incompatibilità, pertanto, che riguarda anche le finalità perseguite; secondo la Corte, infatti, nel procedimento monitorio “l’esigenza di immediata soddisfazione del creditore dotato di prova scritta del credito posta alla base del monitorio, che si realizza con il differimento del contraddittorio rispetto alla formazione del titolo, verrebbe vanificata dal previo esperimento del tentativo di conciliazione.”
Inoltre, con riferimento alla tutela della c.d. parte debole, le Sezioni Unite hanno affermato che l’orientamento espresso non si tradurrebbe in una sua lesione automatica e assoluta e ciò in ragione del fatto che la richiesta di emissione di un decreto ingiuntivo non può essere considerata come una azione ad esclusivo appannaggio della parte somministrante, potendo anche il somministrato agire in restituzione per somme non dovute.
Infine, la Corte prende in considerazione anche l’eventuale opposizione al decreto ingiuntivo e afferma che la non obbligatorietà del tentativo di conciliazione come condizione di procedibilità del procedimento sommario di ingiunzione non esclude il suo esperimento nella fase di opposizione poiché introduttiva di un “normale giudizio di cognizione il cui oggetto è proprio l’accertamento del diritto azionato in monitorio”.
In conclusione, Le Sezioni Unite, in tema di telecomunicazioni, hanno risposto al quesito sottopostole affermando che il tentativo obbligatorio di conciliazione non è richiesto a pena di improcedibilità per l’emissione di un decreto ingiuntivo in quanto incompatibile con la struttura e finalità del procedimento monitorio.
Sicché la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio alla Corte di Appello di Roma che dovrà decidere attenendosi al seguente principio di diritto: “In tema di controversie tra le società erogatrici dei servizi di telecomunicazioni e gli utenti, non è soggetto all’obbligo di esperire il preventivo tentativo di conciliazione, previsto dalla L. n. 249 del 1997, art. 1, comma 11, chi intenda richiedere un provvedimento monitorio, essendo il preventivo tentativo di conciliazione strutturalmente incompatibile con i procedimenti privi di contraddittorio o a contraddittorio differito.”

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